utilizzo professionale dell’ozono anche in riferimento a COVID-19

Gruppo di lavoro ISS-INAIL

utilizzo professionale dell’ozono anche in riferimento a COVID-19

Rapporto ISS COVID-19 • n. 56/2020
Il documento presenta e discute le evidenze tecnico-scientifiche, ad oggi disponibili, sulla sicurezza e sull’efficacia dell’ozono per i trattamenti di sanificazione anche in riferimento all’epidemia COVID-19 in corso. 

Da un punto di vista normativo, attualmente in Italia l’ozono può essere commercializzato ed usato esclusivamente come sanificante; per l’eventuale uso come disinfettante vale a dire come prodotto specificamente atto a combattere (ridurre, eliminare, rendere innocui) i microorganismi occorre attendere il completamento della valutazione a livello europeo ai sensi del Regolamento (UE) 528/2012 (BPR) sui biocidi. 

Per quanto attiene l’identificazione e caratterizzazione dei pericoli, l’ozono è una sostanza pericolosa sia per le sue proprietà intrinseche fisiche che per quelle tossicologiche ed ecotossicologiche. 
I principali effetti tossici dell’ozono sono riconducibili alle stesse proprietà che ne determinano l’efficacia, vale a dire la capacità di agire come agente ossidante. Questo meccanismo di tossicità provoca danno alle membrane cellulari con lesioni dei tessuti direttamente esposti: sistema respiratorio, occhi, mucose, cute. Studi epidemiologici hanno documentato effetti infiammatori e una maggiore suscettibilità alle infezioni respiratorie associati all’uso di ozonizzatori per la purificazione dell’aria, soprattutto da parte di soggetti vulnerabili come i bambini. 

I dati disponibili indicano che gli effetti tossici dell’ozono possono insorgere in seguito a esposizione prolungata a concentrazioni di ozono in aria superiori a 0,1 mg/m3. Riguardo agli effetti a lungo termine, l’ozono è uno dei componenti dell’inquinamento atmosferico che è classificato come cancerogeno di Gruppo 1 (Cancerogeno per l’uomo) dalla IARC (2016). Per contro, la IARC non ha finora effettuato alcuna valutazione sistematica della potenziale cancerogenicità dell’ozono in quanto tale. Nel 2020 l’US EPA ha concluso che non vi sono evidenze adeguate per concludere sulla presenza o meno di una relazione causale tra l’esposizione a ozono e il rischio di cancro. Tuttavia, nelle acque contenenti lo ione bromuro, il trattamento con ozono può indurre la formazione di bromato che è un composto potenzialmente cancerogeno. Considerando la potenziale criticità ove vi sia un’esposizione umana prolungata, nelle acque trattate con ozono, la formazione di bromato non deve eccedere il valore guida provvisorio di 10 μg/L, proposto dalla WHO (2017) e adottato nella proposta di rifusione della Direttiva UE sulla qualità delle acque destinate al consumo umano (2019). Altri pericoli comprendono il danno ossidativo ad alimenti, attrezzature e altri materiali presenti negli ambienti trattati: in particolare, un’alterata funzionalità delle attrezzature di lavoro può essere associata a rischi per la salute. Occorre inoltre menzionare la tossicità per gli organismi ambientali (ecotossicità), in particolare acquatici. 

A prescindere dall’uso come sanificante, esiste un’esposizione a ozono negli ambienti indoor: le concentrazioni dipendono da sorgenti interne (es. stampanti, fotocopiatrici), ricambio dell’aria, reazioni con altri inquinanti indoor e contributo outdoor. Negli ambienti indoor l’ozono può interagire con i composti organici volatili emessi da materiali e prodotti di largo consumo: questo può portare alla produzione secondaria di sostanze tossiche (es. formaldeide) e di PM10 e PM2,5, contribuendo alla tossicità inalatoria dell’ozono. In assenza di specifiche sorgenti indoor il rapporto indoor/outdoor di ozono è stato stimato in un intervallo tra 0,2 e 0,7. In merito alla classificazione di pericolo e ai valori guida nell’Unione Europea e Italia, ad oggi, nell’ambito del Regolamento (CE) 1272/2008 (CLP), riguardante la classificazione di pericolo di sostanze e miscele, non è stata effettuata una classificazione armonizzata dell’ozono nell’Unione Europea. 

Sempre in Europa, nell’ambito del Regolamento (CE) 1907/2006 (REACH), concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche, le imprese interessate alla registrazione dell’ozono hanno presentato una proposta di classificazione (autoclassificazione) come sostanza che: può provocare o aggravare un incendio; letale se inalata; provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari; provoca danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta per via inalatoria; molto tossica per l’ambiente acquatico con effetti di lunga durata. 

Anche per quanto riguarda la salute dei lavoratori, l’Unione Europea non ha fissato alcun valore limite indicativo di esposizione professionale (IOELV, Indicative Occupational Exposure Limit Values) sebbene alcuni Stati membri abbiano stabilito valori limite nazionali per esposizioni occupazionali sia a breve che a lungo termine.

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